Si dice “molto delusa da come vanno le cose nella popolazione giovanile che ci circonda”, ma soprattutto lancia un appello che è anche un pesantissimo j’accuse verso i genitori. “Siete dei falliti, siamo dei falliti, mi ci metto pure io”. La diretta monologo della professoressa Giovanna Corrao di Palermo è un pugno nello stomaco.
...E’ che te la dici con gli occhi ma non te la dici con la bocca aperta e con le parole. Allora adesso le parole le trovo io: siete un branco di falliti, siamo… mi ci metto pure io. Siamo un branco di falliti, una mandria, non un gruppo sociale perché siamo un gruppo per il quale l’educazione civica, l’educazione alla cittadinanza ormai è diventato un concetto astratto perché nel concreto i vostri figli, i nostri figli, violentano e stuprano le ragazzine. Ecco. E quindi qualche cosa è andato male negli ultimi trenta, quarant’anni per quanto riguarda il nostro progetto genitoriale. Ed è inutile che dite NO, che non riguarda tuo figlio, poiché riguarda pure tuo figlio. Primo perché tuo figlio non lo conosci, è inutile che ti stai offendendo – non lo dico per offenderti, lo dico per aprirti gli occhi perché ormai la violenza… sta anche nel fatto che ci sono molti ragazzi che sono convinti di fare delle bravate, delle ragazzate, di avere la giovinezza nelle proprie mani e quindi in quanto sono giovani possono fare quello che vogliono e allora, siccome siamo in emergenza sociale, l’emergenza sociale non riguarda soltanto il caro benzina o il reddito di cittadinanza che è stato soppresso, l’emergenza sociale riguarda principalmente l’emergenza educativa e quindi siete e siamo un branco di falliti perché se succedono questi episodi, siamo tutti dei falliti. Tu non funzioni come padre, non funzioni come madre, non funzioni come struttura sociale, non funzioni come professore, non funzioni come maestro, non funzionate neanche come nonni…”.
“Lasciate i vostri figli davanti ai cellulari – tuona – non sapete neanche cos’è un family link, non sapete neanche essere l’intelligence dei vostri figli”. Contesta poi la loro insensata opposizione di una necessaria privacy di cui bambini e adolescenti avrebbero diritto: “Ma quale privacy? – s’inalbera lei – il bambino e l’adolescente la privacy non ce l’hanno. Siamo noi i responsabili dei nostri figli, a casa quando siamo genitori, e a scuola quando siamo collaboratori scolastici, professori e dirigenti scolastici. Siamo noi i tutori dei nostri ragazzi”.
La professoressa Giovanna Corrao insegna Italiano, Storia ed Educazione alla cittadinanza in una secondaria di secondo grado l’istituto “Enrico Medi” di Palermo, quartiere Borgo Nuovo.
Lei ha figli? “Ho una figlia di 14 anni e mi preoccupo molto, non voglio ossessionarla, ma di certo devo starle vicina”.
Lei è un’insegnante che ama i propri alunni e il proprio lavoro. I ragazzi coinvolti nella triste vicenda avranno conosciuto la scuola. Cosa non ha funzionato? “Non so che tipo di scuola abbiano fatto questi ragazzi, però se veramente la gente studia impara l’importanza della parola. Gli studi umanistici significano amore, rispetto reciproco, senso della dignità reciproca, slancio altruistico. In classe lavoro molto sulla figura di Prometeo. Tutto il nostro lavoro è finalizzato a che il ragazzo e la ragazza siano inseriti non come numeri ma come una parte importante della comunità educante, e questo lavoro devi saperlo fare. E’ un compito che appartiene alla scuola ma compete anche ai catechisti, agli amici, ai nonni, agli assistenti sociali, altrimenti ci si riempie la bocca e finisce lì. La comunità educante non dev’essere una stanza vuota, dev’essere una stanza piena. Piena di elementi ed esperti attivi. Anche un genitore lo può essere ma lo deve voler fare. Anche il docente lo deve voler fare. Io dico: fidatevi dei docenti, fidatevi di noi, siamo alleati, non siamo nemici delle famiglie”.
Lei è protagonista di progetti teatrali nella scuola e fuori dalla scuola. Il suo stesso intervento è animato da un’efficace presenza scenica teatrale che le ha consentito di bucare lo schermo. E’ utile i teatro a scuola? E’ utile ai nostri studenti? “Assolutamente sì. Vengono fuori delle potenzialità che lo studente non conosce, che non sa di possedere, e così assume consapevolezza e trova gioia ed entusiasmo verso la vita”. Orizzonte Scuola